Gli insegnamenti del capocantiere

Diciotto anni di cantieri Casada...
ce n’è qualcuno che ti è rimasto nel cuore e di cui sei particolarmente orgoglioso?
“Senz’altro quello del Tribunale federale di Bellinzona. Resta un grande esempio di edilizia pubblica. È il settore che solitamente seguo di più, ma mi sono occupato anche di genio civile e residenziale”.
Dopo tutti questi anni di esperienza, quali ritieni debbano essere le capacità e le competenze di un buon capocantiere?
“Non deve solo possedete nozioni tecniche. Perché uno può avere tante nozioni tecniche ma non essere in grado di gestire un cantiere. Il capocantiere è quello che è al fronte, quindi è quello che deve gestire da un lato la pressione degli uffici, e quindi verificare il rispetto della parte economica, dei costi, dei tempi, e dall’altra parte è quello che mantiene il rapporto diretto con gli operai, perciò deve saperli motivare. Per farlo deve conoscerli e capire come tirare fuori il meglio da ognuno. La differenza vera, poi, la fa se riesce a creare un gruppo affiatato”.
Come sono le nuove generazioni che si affacciano al mondo dell’edilizia?
“Diciamo che è sempre più difficile trovare giovani motivati e non solo qualificati. In Casada però cerchiamo sempre di inserire nuovi collaboratori affiancandoli a quelli con più esperienza e riusciamo a mantenere un buon equilibrio generazionale”.



Qual è la miglior qualità di Casada?
“Senz’altro la voglia di migliorarsi sempre, che significa anche sapere accettare nuove sfide e non tirarsi indietro di fronte a possibili difficoltà. Questa è la mentalità giusta per poter crescere. Quando sono arrivato eravamo in una quarantina, ora siamo più di un centinaio”.
In questi anni com’è cambiato il modo di lavorare?
“Oggi c’è una maggiore attenzione da parte della committenza nel chiedere di ridurre i tempi, anche se non sempre è possibile se si vuol lavorare a regola d’arte. Inoltre, occorre sempre continuare a formarsi, soprattutto nel campo della sicurezza. Non solo perché escono sempre nuove norme ma anche perché occorre saper trasmettere agli operai una cultura della sicurezza. Spesso manca perché si pensa che se si è sempre fatto in un modo, allora deve sempre andar bene così”.
Quando esci dal cantiere quali sono le tue passioni?
“Da giovane praticavo atletica e calcio. Ora quando arrivo a casa ad Arbedo, dove vivo con mia moglie Dolores e i miei figli, mi dedico all’atletica da divano. Però mi piace molto fare delle passeggiate con i mie due cagnolini: Romeo e Chucky. Sono padre e figlio e sono due bastardini insopportabili ma simpaticissimi”.
I tuoi figli hanno subito anche loro il fascino dell’edilizia?
“Luca ha 30 anni e in qualche modo è rimasto nel stesso settore: lavora come disegnatore del genio civile in uno studio di ingegneria. Mentre Lisa, che ha 27 anni, è attiva nel sociale”.
Ci congediamo da Giuseppe Padula mentre la sua squadra è impegnata sulle impalcature della nuova costruzione che amplierà le scuole di Malvaglia. Di ognuno di loro ci parla con stima e affetto. Come sa fare solo un esperto capocantiere.